Il creato: narrazione dell'Amore di Dio per l'uomo

Su ali d'aquila

Domenica 03 dicembre 2023 • IV di Avvento


Il presepe ha sempre un paesaggio attorno a sè. Che sia la terra di Gesù oppure la terra umbra – laziale dove san Francesco realizzò il primo presepe nel Natale 1223, l’immagine della Natività di Gesù è sempre incastonata dentro a un contesto di creazione, dentro a un creato di cui la famiglia di Nazareth sembra essere una gemma da cui sgorga un nuovo frutto, il Figlio di Dio.

Ci sono però alcune immagini che la Parola di questa domenica ci richiamano. Anzitutto l’asino. Non è un caso che nella capanna o grotta mettiamo la statuina dell’asino. Non sappiamo bene su quale cavalcatura Maria sia giunta a Betlemme con Giuseppe, ma di una cosa siamo certi: Gesù ha cavalcato un asino, un puledro, nel suo ingresso a Gerusalemme prima della sua Pasqua. Cavalcare un puledro voleva dire richiamare la cavalcatura del re, cavalcatura di un re che porta pace, prosperità, serenità, perdono, non di un re che desidera far guerra, un re violento. Gesù quindi entrando a Gerusalemme su un puledro, un figlio di asino, rivela la sua identità di Figlio di Dio, Figlio del Padre, la sua identità di messia e di salvatore. Ed è non scontato che ogni uomo e donna gettano sulla sua strada mantelli o frasche: ognuno mette davanti la sua vita, mette davanti la sua vita perchè ha il desiderio che Dio veramente entri in pienezza nel suo cammino.

E nel presepe questa scena come viene rappresentata? La gente porta sempre qualcosa in mano, pesci, pani, frutta, pecore… insomma porta i frutti della terra e del lavoro dell’uomo. Portare però i frutti della terra e del lavoro dell’uomo vuol dire non solo un desiderio che Dio entri pienamente nel nostro quotidiano, ma anche lodare Dio per i beni che ci nutrono, che ci sostengono nel cammino. Il presepe diventa allora non solo desiderio dell’uomo che tende al Dio che si rivela nel Figlio, ma anche rendimento di lode al Padre per ogni bene del creato.

Quanti colori mettiamo poi nel presepe, quanti rumori. Dall’erba, alle fiamme del fuoco nel forno, all’acqua che scorre… quasi un modo per ricordarci che il bene del creato attorno a noi non è scontato, è un dono totalmente gratuito che noi siamo chiamati a custodire e a far progredire, e non da sfruttare per i nostri interessi.

Tra i pastori di solito c’è nè uno che porta un agnellino. Ecco l’Agnello di Dio, ecco colui che toglie i peccati del mondo: le parole del Battista vengono racchiuse nel presepe in questo piccolo pastore, che indica in Gesù colui che si dona per amore dell’uomo, per amore che l’uomo venga strappato dal suo buio. Il buio del profeta Isaia che doveva proteggere il popolo dalle trame del tiranno, ora diventa una irradiazione di luce, una irradiazione come i raggi di sole. Sì perchè il nuovo sole è Gesù e la luna che illumina la notte del presepe è la Chiesa, che è sempre illuminata dalla luce di Cristo, anche nelle sue oscurità.

Nel contemplare il creato del presepe contempliamo alla fine il nostro cammino, chiamato sempre sia in un cammino personale, che comunitario, ad accogliere la chiamata di Colui che ci ama e che ci invita a essere figli della luce, figli nella sua Luce. Ed è in questa luce che noi annunciamo Osanna al Figlio di Davide, Benedetto colui che viene nel nome del Signore, benedetto colui che viene a richiamarci chi è l’uomo: alleato di Dio, concreatore di un mondo nuovo!
 

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